Modernità transnazionale: per inserire Caraibi e Scozia nella mappa culturale/Modernity as Transnationalism: Putting The Caribbean and Scotland on the Cultural Map.

 

Testo italiano

 

La ricerca dell’Unità di Trento si inserisce nel contesto del progetto nazionale, inteso a privilegiare le dinamiche di scambio all'interno del campo culturale euro-americano del modernismo e della modernità e riguarda perciò un arco di tempo delimitato dal passaggio tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, da un lato, un periodo caratterizzato da una spiccata ricerca del “nuovo” nei rapporti sociali, nelle istituzioni politiche e nelle arti, e dall'altro dagli anni Cinquanta del Novecento, segnati dall'egemonia culturale modernista. Il progetto si propone di utilizzare ed ampliare la base di dati online Reti di donne (URL: http://reti.unimc.it), progettato e realizzato nel corso di una precedente ricerca MIUR, come modello concettuale dinamico, intendendo l'ipertesto più come uno strumento di lavoro che come la presentazione dei risultati dello stesso, strumento che nel suo farsi ha messo in evidenza connessioni e links dinamici capaci di consentire una progettazione puntuale e articolata del presente lavoro.

Nel caso specifico del progetto dell' unità locale, il gruppo di Trento articola la propria ricerca in ambito letterario-culturale e si focalizza su due diverse aree geografiche, i Caraibi anglofoni e la Scozia, viste nel loro rapporto di marginalizzazione e sudditanza economico-politica e linguistico-culturale in quanto colonie e “colonia interna” dell’imperialismo britannico e della sfera d’influenza statunitense. Entrambi questi contesti di ricerca rivelano spazi ancora inesplorati, sia in riferimento alla descrizione delle origini di una letteratura nazionale anglofona caraibica, che alla comprensione della reazione degli intellettuali scozzesi nei confronti dell’establishment linguistico, culturale e letterario britannico del primo Novecento. Il gruppo di ricerca intende concentrare l’attenzione sul contributo spesso diverso dato dalle donne all'articolazione del discorso della modernità, un campo che la critica e la storiografia letteraria hanno appena cominciato a togliere dal silenzio. L'elaborazione epistemica e artistica di queste zone tanto diverse eppure per alcuni aspetti analoghe al momento attuale offre un campo molto fertile (e si vedano le ricerche pionieristiche di Delia Jarrett-Macauley su Una Marson e la recente ristampa delle opere di Catherine Carswell, nonché la raccolta di saggi Kicking Daffodils  a cura di Vicki Bertram), che mette in luce la possibilità di pensare Caraibi e Scozia insieme, perlomeno al femminile – e tracciare, per i primi decenni del XX secolo, una rete di connessioni tra Europa e le Americhe, disegnando una mappa culturale che vorremmo capace di dare rilievo all’Atlantico come spazio economico-culturale in cui hanno avuto luogo scontri, scambi, e incontri, che tanto ha contribuito alla storia della civiltà occidentale.
Base di partenza della ricerca è data dall’osservazione, ampliamente articolata da Edward Said in Culture and Imperialism, che molto di quanto per decenni ci ha entusiasmato del Modernismo, oggi appare di una bellezza troppo astratta e disperatamente eurocentrica; le principali caratteristiche della sperimentazione letteraria – quali autocoscienza, autoreferenzialità, discontinuità, penetrante ironia, e soprattutto senso di straniamento – sono influenzate da fattori legati alla dominazione imperialista, alla tensione tra nativi e colonizzatori e tra le diverse potenze imperiali; le commistioni tra cultura alta e popolare, tra familiare ed esotico portano a concepire la realtà come un qualcosa che solo l’artista può tenere unito, tanto che ironicamente la spazialità diventa una caratteristica propria più dell’estetica che del potere politico. La narrazione, come produzione e riproduzione della coscienza nazionale, riflette il rapporto ambivalente che si instaura tra nazioni (neo-indipendenti o impegnate a rivendicare un’identità autonoma) e imperi, mostrando quanto siano gli stessi margini di una nazione a costituire la fonte di dispersione del suo centro (H. Bhabha e J. Derrida): non a caso, è nelle grandi metropoli occidentali che esiliati, minoranze ed émigrés convergono per cambiare la storia della nazione, tanto che il canone letterario del Modernismo britannico è dominato da emigrati quali James Joyce e Joseph Conrad (T. Eagleton), e quello statunitense da espatriati quali Gertrude Stein e Henry James. Proprio per questo e soprattutto tenendo conto del fondamentale apporto teorico dato da Susan Stanford Friedman alla nostra comprensione culturale del periodo in oggetto, preferiamo parlare di modernità, evitando di fissare la complessità dinamica degli argomenti del nostro studio a definizioni precostituite di sperimentazione artistica o a griglie cronologiche che impediscono l'inclusione delle “nuove letterature”.
L’articolazione teorica offerta da Caren Kaplan in Questions of Travel (1996) offre uno stimolo che riteniamo utile, per la critica mossa alla romanticizzazione dell’esperienza metropolitana – dove la figura dell’esilio serve da supporto all’ideologia occidentale della democrazia e della nazione, quali mezzi di assimilazione e naturalizzazione – e per l’analisi del senso intimo di estraneità e distanza che caratterizza la cultura del periodo. Riappropriando R. Williams, e correggendone l’atteggiamento nostalgico, Kaplan giustamente insiste sull’importanza di studiare i luoghi in cui il mito dell’universalità del cosmopolitismo modernista non è sostenibile. Il nostro progetto vuole decostruire una geopolitica basata sulla dicotomia centro-periferie per privilegiare i circuiti transnazionali governati da movimenti di potere e capitale che hanno determinato la cultura delle donne caraibiche e scozzesi del periodo e, con essa, contribuiscono ad una diversa mappatura della realtà; inserendo la Scozia e i Caraibi e con essi lo spazio inter-Atlantico, la ricerca vuole dimostrare che Londra, Parigi e New York non possono rappresentare la Modernità senza Edimburgo, Kingston e Harlem.

 

English text

 

The Trento Research Unit participates in the national project aimed at privileging dynamic exchanges within the Euro-American cultural field of modernity and modernism. Thus, it focuses on the chronological period included between the turning of the Nineteenth into the Twentieth Century, on the one side, when a marked search for "the new" characterized social relations, political institutions and artistic expression, and the 1950's, on the other, during which time Modernism was culturally hegemonic. The project wants to use and develop the online database Networking Women (URL: http://reti.unimc.it), designed and constructed during a previous MIUR research, as a dynamic conceptual model. The hypertext is conceived as a tool for research rather than as an instrument for presenting the research results; in its own making, such tool has highlighted dynamic connections and links capable of allowing an accurate and articulate planning of the present project. With regard to the specific case of the local Unit, the Trento research concerns the literary-cultural field and focuses on two different geographical areas – the Anglophone Caribbean and Scotland – considered in their marginalized and subordinate economic-political as well as linguistic-cultural relationship as colonies and “inner colony” of British imperialism and the US sphere of influence. Especially in consideration to the gender perspective which the present study privileges, both contexts of research reveal unexplored spaces, with regard to the discipline of literary historicism devoted to the description of the origins of a national literature in the Anglophone Caribbean as well as to the understanding of the reaction of Scottish intellectuals to the linguistic, cultural, and literary British establishment of the early Twentieth century. Considering also the fact that the Research Group focuses its attention on the often difference-making contribution given by women to the articulation of the discourse of Modernity, a field which criticism and literary historiography have just begun to lift from silence, the epistemic and artistic elaboration in these different and yet analogous areas offers a fertile field of study. Its fertility is characterized by relation and agency, and is confirmed by some initial signs, the result of pioneering research – see, for example, Delia Jarrett-Macauley on Una Marson and the recent reprint of Catherine Craswell’s work, as well as the collection of essays, Kicking Daffodils, edited by Vicki Bertram, which enlightens precisely the possibility of thinking, at least in feminine terms, the Caribbean and Scotland together. These initial signs provide encouragement for pursuing a project which aims at outlining a women’s network of connections between Europe and the Americas during the first decades of the Twentieth century, and for drawing a cultural map which we hope can foreground the Atlantic, conceived as the economic and cultural space where fightings, exchanges and encounters that so much have contributed to the shaping of Western culture have taken place.
The research is based on the observation, widely articulated by Edward Said in Culture and Imperialism, that a great deal of what for decades has excited us about Modernism, today appears endowed with a beauty which is too abstract and desperately Eurocentric; the main characteristics of literary experimentalism – such as self-reflexivity, self-referentiality, discontinuity, deep irony, and above all a sense of displacement – are influenced by factors related to imperial domination, to the tension between natives and colonizers and among the various imperial powers; the mingling between high and popular culture, between the familiar and the exotic causes us to conceive of reality as something that only the artist can keep together, so much so that ironically spatiality becomes a characteristic more appropriate for aesthetics than for political power. Narration, as both production and reproduction of a national consciousness, reflects the ambivalent relationship between nations (either neo-independent or committed to vindicating their autonomous identity) and empires, showing how the very margins of a nation constitute the source of dissemination of its own center (H. Bhabbha and J. Derrida): not accidentally, it is in the large western metropolis that exiled minorities and émigrés converge to change the history of the nation, so much so that the literary canon of British Modernism is dominated by émigrés such as James Joyce and Joseph Conrad (T. Eagleton), and the US one by expatriates such as Gertrude Stein and Henry James. Precisely for this reason, and above all accounting for the fundamental theoretical contribution given by Susan Stanford Friedman to our cultural understanding of the period under study, we prefer to talk about modernity, thus avoiding fixing the dynamic complexity of the topics of our research to pre-constituted definitions linked to artistic experimentalism and to chronological frames which prevent the inclusion of the “new literatures”.
The theoretical articulation provided by Caren Kaplan in Questions of Travel (1996) offers a useful stimulus for a revisitation of Modernism, for the critique she launches against the romanticization of the metropolitan experience – where the figure of the exile serves to support the western ideology of democracy and nation, as means for assimilation and naturalization – and the analysis of the intimate sense of displacement and detachment which characterizes the culture of this period. Through a reappropriation of R. Williams which corrects his nostalgic stance, Kaplan rightly insists on the importance of studying the places in which the myth of the universality of modernist cosmopolitanism is not sustainable. Our project aims at deconstructing a geopolitics based on the dichotomy center-periphery in order to privilege transnational circuits governed by capital and power movements which have determined the culture of women in the Caribbean and in Scotland during this period and with it contribute to a different mapping of reality; by putting Scotland and the Caribbean and hence the inter-Atlantic space on the map, this research intends to demonstarte that London, Paris and New York cannot represent Modernity without Edinburgh, Kingston and Harlem.